La malattia mentale non esiste

Da anni provo a dire che le persone che finiscono in psichiatria più che avere dei problemi, creano dei problemi.
Ciò che è in gioco non è lo stato di salute della vittima designata, ma piuttosto le difficoltà che le sue scelte, le sue idee, i suoi comportamenti pongono a coloro che gli stanno intorno.
Trasformare questi “conflitti” in sintomi di malattia o di malessere, al di là di quello che ci raccontano e a cui vogliamo credere, non serve a capirli o a risolverli, ma soltanto a negarli, neutralizzando il punto di vista del “disturbatore” e impedendo che possa continuare ad agire.
Tale effetto pratico sulla situazione di stress a cui l’altro, con il suo modo di fare, ci espone, fa si che da decenni, al di là di ogni logica e di decenza, la maggior parte di noi riconosca un valore positivo all’azione psichiatrica. Un’azione che si realizza con interventi di tipo pseudo-medico (somministrazione di farmaci, ricoveri in ospedale …) e mira a rendere innocua la persona ponendo fine ai comportamenti che disturbano l’ordine familiare e sociale.
La diagnosi di “malattia” serve a far sì che tale azione repressiva, che sospende (e calpesta) i diritti personali riconosciuti ad ogni essere umano, non rilevi per la legge penale, costituendo una sorta di giustificazione a priori di qualsiasi mezzo i tecnici decidano di usare per far smettere la persona di fare o pensare quello che fa o pensa.
Non solo giustifica le pratiche psichiatriche, ma assolve anche i “mandanti” che vedono riconosciute le loro ragioni e annullate le loro responsabilità rispetto al conflitto in cui sono coinvolti. Non c’è nessun conflitto, solo una visione “alterata” e “delirante” della realtà che va ricondotta al senso comune.

Qualcuno ama parlare di psichiatrie, affermando che esistono diversi approcci alla questione della “cura” delle “malattie mentali”. Se le terapie, almeno all’apparenza, possono differenziarsi, la funzione e il fine delle pratiche psichiatriche rimangono le stesse: porre sotto controllo le persone che esprimono idee e comportamenti non condivisi e cercare di ricondurle (con le buone o le cattive) alla ragione.

Il problema a ben vedere non è definire la bontà o meno delle pratiche che la psichiatria mette in campo per realizzare il mandato sociale che le è affidato, ma se è lecito o meno invadere la vita delle persone senza il loro consenso, limitandone la libertà di scelta e cancellandone la credibilità sociale.

Le persone non sono malate, ma devono essere malate. Solo così è possibile giustificare quanto viene fatto loro e di loro. Solo così possiamo deresponsabilizzare il mondo dei cosidetti sani dalle atrocità che ha saputo inventare per zittire uomini e donne ree solo di essere se stesse.
Il fatto di preferire che le persone si adattino all’ordine e non ci creino problemi, seppur comprensibile, non può giustificare la condanna alla morte civile (quando non anche fisica e mentale) di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.

Se non capiamo quello che fa una persona non vuol dire che questa sia affetta da qualche malattia o che quello che dice sia incomprensibile. Meno che mai appare sensato affermare che l’incompreso non sappia quel che dice o, peggio ancora, non voglia dire quello che sembra dire. Se si toglie soggettività e responsabilità alle persone, quello che resta è un oggetto, una cosa di cui possiamo disporre come meglio crediamo.

La psichiatria è un’arma che usiamo per cercare di tenere fuori dalla porta esperienze, vissuti e realtà che non fanno parte della patologia, ma bensì delle infinite possibilità umane. Così facendo non solo condanniamo le persone al nulla o ad una vita priva di senso e libertà, ma espropriamo ognuno di noi dalla possibilità di conoscere ed imparare a gestire le esperienze extraordinarie che fanno parte del nostro bagaglio di esseri umani.

Che esista una “malattia mentale” che determini la nostra reale o presunta diversità (o unicità) può essere un’ipotesi che è lecito porre, ma niente ci autorizza ad imporla come verità certa ad esseri umani non consenzienti. Se non altro perchè dove c’é “malattia mentale” lì scompare ogni idea di soggettività, libertà, responsabilità e scelta: tutto ciò che ci definisce e richiede rispetto come persona umana.

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